sabato 28 agosto 2010

Live Report: Armageddon In The Park 2010



Ed anche quest’anno all’Armageddon in the park. Eh sì, perché dopo la positivissima esperienza della scorsa estate, non potevo non fare il bis; in primis perché l’atmosfera che si respira in quell’angolino molisano di S.Giacomo degli Schiavoni è quella intima ed accogliente dei piccoli metal meeting, fatti di gente animata da vera passione, di stand in cui trovare piccole chicche, di salsicce, arrosticini e birra (che per me scorrerà a fiumi nel corso della serata). In secondo luogo, un bill interessante e piuttosto vario, reso ancora più invitante dal ridicolo prezzo di ingresso (10€, e pensate che fino allo scorso anno la manifestazione era addirittura gratuita!), unito a quello di cibo e bevande (5€ per un paginone alla salsiccia, salse incluse, ed una 0.4 di birra è roba che dovrebbe far scuola nei festival nostrani).

Dopo questa, doverosa, introduzione, passiamo alla musica:
a causa dei ritardi per il montaggio del palco (colpa della pioggia, che fortunatamente si è fermata in tempo) i Trodden Shame salgono sul palco con un cospicuo ritardo sulla tabella di marcia. Poco male però, i nostri nonostante il poco tempo a disposizione riscaldano a dovere il pubblico col loro miscuglio di thrash e hardcore. Nel corso della loro esibizione i fonici hanno inoltre avuto modo di affinare i suoni.
Salgono quindi sul palco i bolognesi Murder Therapy, monchi però del loro cantante. I nostri però riescono a non farne sentire troppo la mancanza, viste le trame estremamente varie ed intricate del loro death metal, riproposte senza sbavature. Peccato però per la staticità dei musicisti sul palco, un po’ di movimento in più avrebbe reso la loro performance sicuramente più coinvolgente.
Si viene intanto a sapere che non saranno i Death mechanism a calcare ora le scene, a causa dei ritardi accumulati. Notizia triste per chi, come me, era davvero curioso di vederli in azione, ma in seguito verremo in parte consolati.
Seguono quindi i teramani Sawthis. Ora, sarà che il carisma del loro precedente frontman è difficile da bissare, sarà che la loro svolta verso il metalcore è stata da me meno che apprezzata, sarà che l’incitamento a saltellare lo trovo più adatto ad una lezione di jogging che ad un concerto di metal estremo, ma non ho trovato punti d’interesse nella loro esibizione. Peccato, davvero.
A farmi riprendere però da questa cocente delusione, arrivano i Sadist. L’accusa che si muove ultimamente all’act genovese è quella di stare un po’ “come il prezzemolo” negli eventi live della penisola, e, seppure non mi sento di dire che sia infondata, preferisco vedere e rivedere loro piuttosto che gli altri “prezzemoli nazionali” (uno dei quali seguirà a breve). La loro performance è come al solito perfetta ed efficace, nonostante un pubblico non eccessivamente partecipe, e che si risveglia sui vecchi classici (“Tribe” in primis) piuttosto che sui nuovi brani, che comunque risultano più che gradevoli in sede live.


E’ quindi il momento del personaggio più discusso della serata. Chi vorrebbe bruciarlo come lui stesso predica, chi lo ritiene una specie di profeta e santo. Fatto sta che di quest’ultima categoria una caratteristica la ha: l’ubiquità. Sembra infatti che Pino Scotto sia presente ovunque si svolga un evento metal. La prima volta magari si va a vederlo per curiosità (o per farsi due risate dicono i maligni), ma la monotonia del suo show si svela presto. I brani dei suoi dischi vengono eseguiti con la giusta energia e con un piglio vocale apprezzabile, ciò che però porta allo sfinimento sono le reiterate filippiche di Scotto, fatte di luoghi comuni, offese scontate e di una banalità sconcertante.
Il morale, però, rimane alto, anzi, altissimo. Sappiamo tutti, infatti, che di lì a poco si consumerà il vero massacro della serata. E massacro è, ed il mio posto al centro della prima fila mi permette di godermelo appieno. Le bordate thrash offerte dal gruppo sono un’occasione imperdibile per darsi a pogo, headbanging e crowd surfing e la band sciorina i suoi pezzi come fossero cartucce di un fucile. Lo show viene interrotto nel mezzo per dare spazio ai Death Mechanism (che ricordiamo avere il batterista in comune coi Bulldozer) ed al loro thrash al fulmicotone, decisamente apprezzato dagli spettatori. Si torna però presto alla storia, ed i Bulldozer ci danno il colpo di grazia con una seconda serie di brani, brani che vedono un coinvolgimento totale del pubblico, impegnato a darsele di santa ragione (ed io come al solito non mi tiro indietro), e, durante classici come “Ilona the very best” quasi a piangere per l’emozione.



Una prestazione che qualsiasi amante del metal fatto di sangue e sudore ricorderà per tutta la vita.
Chiude la serata il discorso dell’assessore regionale, che bissa quello dello scorso anno del sindaco della cittadina. Inutil dire che chiunque c’era è tornato a casa col sorriso e con la speranza di essere di nuovo lì l’anno prossimo, a supportare un evento che ha tutte le carte in regola per crescere.



Nota.: l’autore si scusa per la non ottimale qualità delle foto, ma, poco professionalmente, aveva alzato un po’ il gomito.


Foto e report by

Mirco “AbysS” Gnagnarelli

2 commenti:

  1. o mirko l'invidia è una brutta bestia!!!!invece di sputtanare i sawthis pensa a crescere e soprattutto a prendere lezioni di canto!!!you understand???

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  2. Caro Mirco, prima di arrivare ad avere l'esperienza necessaria per poter recensire un disco oppure un concerto, ne devono passare di anni! Io all'Armageddon c'ero e posso dire di non averti visto durante l'esibizione dei Sawthis(forse eri a farti qualche birra?). Concordo pienamente con aquila1 sul fatto che l'invidia è proprio brutta e, soprattutto, sarebbe il caso di prenderle davvero le lezioni di canto e di impegnarti con il tuo gruppo visto che di strada ne avete fatta davvero poca! Grazie di aver specificato che la qualità non ottimale delle foto era dovuta all'alcol, a questo punto deduco che anche tutta la recensione ne abbia risentito!

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